Un Pulitzer a Snowden e al giornalismo

Il premio Pulitzer assegnato ieri al Guardian e al Washington Posper il loro lavoro sulle rivelazioni del whistleblower Edward Snowden ha un significato particolare. Ci sono storie giornalistiche indiscutibili, altre discusse e altre che fanno fatica a trovare la loro strada per fare breccia nell’opinione pubblica. Lo scandalo Nsa, sin dal suo inizio, è stata uno di queste ultime ed è vissuto nel paradosso di essere con ogni probabilità la più grande storia giornalistica del decennio (se non oltre) per la sua portata, ma di non essere stata percepita come tale dal grande pubblico. Delle rivelazioni di Snowden si è scritto di tutto e, da molte parti, si è cercato di minimizzarle o di relegarle a “cose di Internet”, come se la sorveglianza della Nsa non avesse a che fare con potenzialmente chiunque utilizzi la rete a qualsiasi livello. In diversi contesti, di cui questo paese non fa eccezione, se n’è inoltre scritto molto poco e, fatte salve alcune pregevoli eccezioni,non con la dovuta attenzione. Questo premio Pulitzer, il più prestigioso riconoscimento giornalistico al mondo, dice molte cose in questo senso. E ne sottolinea molte per quanto riguarda il giornalismo di per sé. Negli ultimi anni, dopo la scintilla fatta scoppiare da WikiLeaks, il giornalismo investigativo è tornato al centro dell’agenda dell’informazione con una forza rinnovata e una portata potenzialmente davvero globale. Per certi versi, l’”affaire Snowden”, è stato il punto estremo di questo processo. È giusto sottolineare come, rispetto agli anni ’70 del Watergate e dei Pentagon Papers, i giornali abbiano forse perso una fetta del loro potere di agenda setting sulla politica, ma le rivelazioni pubblicate dal Guardian, dal Washington Post e dalle altre testate successivamente coinvolte nei leak, hanno certamente riportato d’attualità un certo tipo di giornalismo. Un giornalismo che stamattina si sveglia festeggiando un premio Pulitzer. L’aspetto più importante del premio è quel riconoscimento di “valore pubblico” assegnato alle pubblicazioni sul Datagate. Commentando il premio, proprio Snowden ha dichiarato alGuardian come questo Pulitzer sia una “rivalsa per chiunque creda che il pubblico abbia un ruolo nel governo. Lo dobbiamo a tutti  i reporter coraggiosi e ai loro colleghi che hanno continuato a lavorare nonostante tutte le intimidazioni straordinarie [...] per bloccare quello che oggi il mondo riconosce come un lavoro di vitale valore pubblico”. Il significato più profondo di questo Pulitzer si gioca infatti proprio qui: nel confermare una volta ancora, come se ce ne fosse bisogno, l’urgenza e il valore di quelle rivelazioni che non sono solo materiale da dibattito per gli addetti ai lavori, ma al contrario, argomenti su cui costruire tutto il nostro rapporto con la rete e i diritti digitali da qui in avanti. Nella notte italiana di ieri, Kevin Gosztola – uno dei giornalisti americani più attivi su questo fronte – ha sottolineato su Twitter come questo Pulitzer non sia solo per i giornali – ma soprattutto dei singoli giornalisti  – che hanno pubblicato le rivelazioni, ma sia anche per la loro fonte stessa, Edward Snowden. Se quel giornalismo che oggi viene premiato è di “servizio pubblico”, allora anche della fonte che ha portato agli scoop deve essere riconosciuta la medesima prerogativa. Questa è il giorno migliore per ribadirlo una volta di più: Edward Snowden è un whistleblower, è una fonte, al pari di Daniel Ellsberg, icona della libertà di stampa e del Primo EmChelsea Manning, condannata invece a 35 anni di carcere per i leak pubblicati da WikiLeaks, e che proprio ieri si è vista negare la clemenza dall’Esercito Usa. 

Sulla scia del Datagate, il giornalismo è stato preso di mira come poche altre volte. Le autorità britanniche hanno costretto la redazione del Guardian a una grottesca distruzione di hard disk nei loro uffici, nella speranza di bloccare nuove pubblicazioni dei file di Snowden.  Snowden, come tutti gli altri whistleblower vittime del medesimo trattamento, è stato accusato dall’amministrazione Obama di spionaggio, in un attacco contro le fonti giornalistiche manu Espionage Act che non ha precedenti nella storia degli Stati Uniti. Sulla scia del Datagate il giornalismo si è visto domandare se fosse patriottico e proprio il direttore del Guardian Alan Rusbridger si è visto chiedere in tribunale se alla luce delle pubblicazioni dei leak sulla Nsa amasse il suo paese e sulla scia del Datagate il giornalismo è stato accostato al terrorismo. Questo Pulitzer è una risposta a tutto questo. Questo Pulitzer è un premio al giornalismo.
endamento. Una fonte come

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