La parabola del cinema indipendente di Michael Cimino: da Il cacciatore ai Cancelli del cielo.




a cura di Gianni Vittorio
Lo scorso 2 luglio è morto uno dei più grandi registi indipendenti degli ultimi 20 anni: Michael Cimino, capace di fare capolavori, considerati dei pilastri della storia del cinema contemporaneo. E’ stato un personaggio simbolo della New Hollywood e del cinema americano degli anni Settanta. Una carriera a fasi alterne, basata sulla difesa strenua delle proprie opere e dell'autorialità dei film. Restio a ogni compromesso, ebbe sempre rapporti turbolenti con le major e con i produttori. Un anno fa il Festival di Locarno gli aveva assegnato il Pardo d'oro alla carriera.
Passato alla regia grazie Eastwood con, per l’appunto, Una calibro 20 per lo specialista, Cimino raggiunge la fama internazionale e lo statuto indubitabile di “autore” con Il cacciatore. Cinque Oscar: miglior film, miglior regia, miglior sonoro, miglior montaggio e miglior attore non protagonista (Christopher Walken, scoperto dal regista dopo anni di particine). Il cacciatore non è un film sul Vietnam ma con il Vietnam. È la storia su un gruppo di uomini prima e dopo la guerra, sul sentimento collettivo, l’intesa tessuta più dal vissuto che dalle parole. In alcune scene, praticamente prive di dialogo,  l’unico senso lo dà il montaggio e la recitazione di un gruppo di attori che stavano rivoluzionando il cinema americano (non solo De Niro e Walken ma soprattutto John Cazale, morto presto ma molto influente, e Meryl Streep, qui nel suo primo vero ruolo per il cinema). Vorrei ricordarlo con un’intervista significativa lasciata a Micromega Cinema qualche anno fa.
C’è una scena di
Il cacciatore in cui avviene esattamente questo. Tornato dal Vietnam, in una battuta di caccia, Robert De Niro isola un cervo, fino a prenderlo di mira. In controcampo, l’animale si ferma in mezzo all’inquadratura. Se ne impadronisce. E all’improvviso gira il capo verso la cinepresa, quasi volesse fissare l’obiettivo. In quel momento è come se si dischiudesse il mistero della vita. Forse nemmeno per un secondo. Ma con una potenza soverchiante. Non è un caso che De Niro abbassi il fucile.
Questa interpretazione è così precisa… Mi viene da ripetere quello che dico sempre a chi vuole diventare regista o realizzare un film: evitate di leggere libri sul cinema. Sono tutte stronzate. Non avete bisogno di sapere alcunché sui film. Ma sulla vita, sì. È più importante percepire la differenza fra Tolstoj, Dostoevskij e Ivan Turgenev, che non conoscere la teoria del montaggio. Non l’ho mai studiata, io, la teoria del montaggio.
(Cit. http://www.wired.it/play/cinema/2016/07/04/parabola-michael-cimino-star-reietto-spiegata-in-5-video/)




 


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